Perché SI, Perché NO: Isaiah Thomas!

Scritto da Simone Tarlao  | 
Consueto appuntamento del giovedì con la rubrica di NBA Evolution. Oggi voliamo a Cleveland, a casa dei vicecampioni NBA e andiamo a scomodare un neoarrivato in casa Cavaliers, Isaiah Thomas.

PERCHÈ SI, PERCHÈ NO

La scelta numero 60 del Draft del 2011 ha appena ripreso a calcare i parquet dopo un lungo stop per l’infortunio all’anca che l’ha messo ai box a partire dagli scorsi playoff ed era uno dei più attesi ritorni della stagione. La prima partita in maglia Cavs è stata contro Portland, non contro Boston come romanticamente molti tifosi avrebbero auspicato, e ha visto un Thomas subito in buono spolvero con 17 punti a referto. Ad oggi le partite giocate sono solo 5, forse troppo poche per un bilancio, ma a noi piace il rischio, ci proviamo e puntiamo subito alto: ecco dunque il perché sì e il perché no per cui IT sarà il valore aggiunto di LeBron e compagni alla ricerca del titolo.

✅ SI ✅

Secondo violino di tutto rispetto alla corte del Re. I numeri non sono e non potranno essere quelli della passata stagione, 28 abbondanti di media ad allacciata di scarpe, ma in attacco sa come portare punti alla causa. Toglie pressione a James e a Love in attacco perché non può essere ignorato dalla difesa. Leader. Punto. Nonostante le dimensioni sa creare gioco, anche e soprattutto in avvicinamento a canestro, ideale in una squadra piena di tiratori come Cleveland. Sangue freddo quando la palla scotta, e nei piani dei Cavs la palla dovrà scottare tra maggio e giugno.

🚫 NO 🚫

I limiti fisici sono evidenti, molto sottodimensionato per il livello atletico dell’NBA. La tenuta fisica post infortunio resta un punto di domanda piuttosto importante per il proseguio della stagione dei Cavs. Sarà da valutare il suo impatto con i molti meno palloni da giocare rispetto alla scorsa stagione, in cui, da primo violino, ha dimostrato di essere un candidato MVP. Grossi limiti difensivi che a Boston erano stati mascherati da un grande sistema difensivo, a Cleveland sono accentuati a causa della totale mancanza di un sistema difensivo. Sempre considerando la metà campo difensiva, più si va a fondo con i playoff più il Pick and Roll diventa strumento per costruire vantaggi, e proprio in questa situazione tattica Thomas mostra tutti i suoi limiti: con lui ogni cambio diventa un mismatch a favore dell’attacco e si innesca un meccanismo di aiuti che contro le prime della classe, Golden State su tutte, significa inseguire la palla e, troppo spesso per ambire davvero al titolo, raccoglierla dal fondo della retina.

CONCLUSIONE

Il problema NON è Thomas, ma il piccolo grande uomo non è nemmeno la soluzione. Il vero problema di Cleveland è il roster: troppi talenti che provano a fingersi mestieranti e troppo pochi mestieranti veri (Shumpert? Thompson? Green?) in grado di dare un cambio di ritmo alla partita. I playoff sono una formalità, perché nei primi turni basta un cambio di ritmo da parte di LeBron per sbrigare la pratica 4-0, come insegna la storia, ma questa stagione potrebbe richiedere uno sforzo notevole anche in finale di Conference ad Est contro i Celtics, che sembrano molto solidi in difesa e con svariate frecce al proprio arco nella metà campo offensiva. Per non parlare di Golden State, che è stata battuta nel 2016 solo grazie a 3 partite di LeBron da 40 punti e di altrettante di Irving da 40 punti; Thomas ha queste qualità? Sì. Ma sarà in grado di metterle in campo anche contro la difesa fisica ed organizzata dei Warriors? Forse. E, soprattutto, riuscirà a portare più punti alla causa di quelli che Cleveland subirà nel tentativo di nascondere IT difensivamente? Ne dubito.

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