Elgin Baylor: Kobe prima di Kobe

Due giorni fa è venuta a mancare una delle più grandi leggende NBA e gialloviola, questo il nostro Focus per omaggiare l'uomo soprannominato "Rabbit"

Scritto da Doc. Abbati  | 
Instagram / @parkytyson

Due giorni fa è venuta a mancare una delle più grandi leggende NBA e gialloviola, questo il nostro Focus per omaggiare l'uomo soprannominato "Rabbit"

Quando FMB mi ha chiesto di scrivere un focus su Elgin Baylor per celebrarne le gesta della sua incredibile carriera, vista la recente scomparsa, sono stato combattuto sul come impostare il pezzo. Perché quando muore una leggenda non è esattamente facile trovare qualcosa di interessante da mettere su un articolo. I rischia di diventare banali, ripetitivi, per nulla originali.

Parlare di Baylor non è solo parlare di basket, non è solo parlare della sua incredibile carriera in maglia Lakers, prima a Minneapolis e dopo a Los Angeles. Significa scontrarsi ed incontrare un uomo che è sempre andato oltre l’essere una stella della pallacanestro giocata. Un precursore, sul campo e fuori dal campo, uno che non ha mai esitato quando si è trattato di affrontare dinastie imbattibili, vedi i Boston Celtics degli anni 50 e 60, e di cercare di cambiare status quo pre definiti, soprattutto di natura razziale, affrontandoli di petto, senza mai fare un passo indietro.

In campo 

Parlare dell’Elgin Baylor giocatore è abbastanza facile, in fin dei conti basterebbe sfogliare il libro delle sue personali statistiche, ma questo lo lascio fare volentieri a voi, a me, personalmente i numeri annoiano abbastanza, specie quelli statistici. Poco importa che in fin dei conti non sia mai riuscito realmente a vincere il titolo, quello che compare sulla sua bacheca arrivò con lui praticamente già ritirato.

Bisognerebbe altresì fare delle valutazioni sul fatto che è stato probabilmente il primo giocatore sotto i 200 cm a dominare anche vicino al canestro, in un’epoca in cui la NBA era una lega dove si vinceva solo con giocatori importanti sopra i 205cm. Il prodotto di Seattle University ha inventato il ruolo della moderna small forward. Atleta con capacità fisiche fuori dal comune, a Idaho University, dove fece il suo anno da rookie a livello di College, primeggiava anche nel Football, nel salto in alto ed in lungo, e nel mezzofondo, è diventato il primo giocatore capace di attaccare con continuità il ferro usando entrambe le mani, volando letteralmente a canestro, sfidando i lunghi della sua generazione, per citarne due a caso, Bill Russell e Wilt Chamberlain. Doc. J prima di Julius Erving, ed anche Michael Jordan lo ha sempre citato come fonte di ispirazione, per le giocate in avvicinamento in cui l’improvvisazione saliva prepotentemente al potere. Il suo tiro dal mezzo angolo appoggiato al tabellone diventò un autentico marchio di fabbrica. Un giocatore capace di essere concreto e spettacolare allo stesso tempo. Ed un rimbalzista fenomenale, per la taglia, tanto da viaggiare, nella stagione 1960/61, a 19.3 di media.

Ma un’altra delle peculiarità per cui il nativo di Washington D.C. è stato ricordato è la sua leadership, in campo e nello spogliatoio. Un motivatore feroce fin dal suo arrivo nella stagione 1958/59 alla corte dei Lakers. Non il classico rookie di basso profilo, ma un uomo capace di prendere in mano uno spogliatoio privo di motivazioni, arrivavano dal peggior record nella lega nella stagione precedente, per portarli fino alle Finals, malgrado un record di regular season negativo. E da lì non si è mai più girato indietro.

Come giocatore, come leader, spronando i suoi compagni ogni anno a dare il meglio, portandoli a giocare altre sette finali, giocando sempre da protagonista. Ancora adesso i suoi 61 punti segnati in gara 5 nelle Finals del 1962 sono un record imbattuto. Noi, comunque, ci teniamo anche a rimarcarne le doti extra cestistiche, per far capire che la persona è stata, se possibile, superiore al giocatore.

Il Motel

Stagione da rookie, 1958/59, Elgin Baylor non scende in campo nella trasferta contro i Cincinnati Royals. Si lamenta del trattamento ricevuto da lui e da altri suoi tre compagni di squadra afroamericani, che si vedono costretti a dormire in un motel posto alla periferia della città, definiti all’epoca negro motel, perché l’albergo in cui dovevano dormire i Lakers gli aveva negato l’accesso, per il colore della pelle. Ne nasce una lunga controversia con H. Thomas Corrie, promoter della rete televisiva ABC, che ne chiede una punizione, per il clamoroso gesto. Ma Baylor non cambierà il suo punto di vista, anzi, rincarerà la dose accusando la NBA in maniera nemmeno troppo velata di non prendere a cuore il problema di molti suoi atleti, costringendo il commissioner dell’epoca, Maurice Podoloff, a intervenire in difesa degli atleti afroamericani.

Baylor si batterà per tutta la sua carriera contro le discriminazioni ed il razzismo, ed anche da dirigente dei Los Angeles Clippers aprirà una battaglia legale contro Donald Sterling, l’allora tristemente famoso proprietario della franchigia, accusandolo di averlo licenziato per il colore della sua pelle. Perderà la causa, ma anni dopo, quando Sterling sarà travolto proprio da uno scandalo a sfondo razziale, si prenderà la sua personale rivincita.

Stagione 1961/62,  Baylor viene chiamato come riservista della U.S. Army, e parte per Fort Lewis, nello stato di Washington. Giocherà solo 48 partite, quando gli sarà permesso, di solito nei week end, allenandosi nella palestra della caserma anche con mezzi di fortuna. Le sue statistiche finali diranno 38.3 punti e 18.6 rimbalzi , più quel record già citato precedentemente nelle Finals.

Elgin Baylor ci ha lasciato il 22 Marzo a 86 anni ma il suo ricordo ed il suo esempio non ci lasceranno mai.

 


💬 Commenti