Il (lungo) ritorno dei Lakers, ma adesso arriva il difficile

Dopo dieci anni i Los Angeles Lakers tornano sul trono NBA, è stato un viaggio lungo, difficile, e che non a L.A. sperano non si limiti a questa stagione.   

Scritto da Doc. Abbati  | 

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Dopo dieci anni i Los Angeles Lakers tornano sul trono NBA, è stato un viaggio lungo, difficile, e che non a L.A. sperano non si limiti a questa stagione.   

Giovedì 17 Giugno 2010 - Domenica 11 Ottobre 2020. Questo il tempo intercorso tra gli ultimi due Larry O’Brien Trophy alzati dai Los Angeles Lakers. Per tutti noi fans dei Lakers praticamente un’eternità. E, valutando come sono trascorsi questi dieci anni cestistici della L.A. gialloviola, un’eternità che è sinistramente parsa un incubo da cui non si vedeva un’uscita.

Dallo sweep, sorprendente, subito dai Mavericks nei playoffs 2011, era iniziata una caduta di risultati, in primis, poi di idee, e di scelte, e non solo riferendosi ai vari draft, che avevano portato una delle più gloriose e vincenti franchigie della lega, ad essere vista come una (semi) storia horror. E solo la presenza di Kobe Bryant, almeno fino al suo ritiro, stagione 2015/16, aveva, in minima parte, continuato a tenere i Lakers nel giro che conta, a livello di marketing e news, nella NBA. In questi anni le strade tentate per risollevare le sorti gialloviola sono state innumerevoli e disparate.

Dal tentativo di prendere Chris Paul, trade rispedita al mittente dalla proprietà dei New Orleans Hornets, che all’epoca era la lega, e che suscitò non poche discussioni, per passare agli arrivi del duo Dwight Howard e Steve Nash, in pratica un ex giocatore ed uno con zero voglia di essere un professionista serio, fino ad arrivare, in periodi più recenti, a cercare di ricostruire partendo dal draft, da un serie di scelte alte, due volte la #2, sul modello Warriors. E la confusione è stata totale anche nella scelta dei vari coach. Citandoli tutti: Mike Brown,  Bernie Bickerstaff, Mike D’Antoni, Byron Scott e Luke Walton. Citazione di merito a Bickerstaff, l’unico ad uscire con un record positivo da questo gruppo. Poi la valutazione dei singoli la lascio volentieri a chi legge.

Solo che per molti anni il vero problema era totalmente dirigenziale. Dalla morte di Jerry Buss, avvenuta nel Febbraio 2013, le redini della franchigia erano state rilevate da Jim Buss, uno dei figli del proprietario più vincente della storia della pallacanestro NBA. Diciamo che il duo Buss Jr. & Mitch Kupchack nel periodo 2013-2018 hanno inanellato una serie di topiche da Guiness dei primati cestistici, tra contratti assurdi per giocatori di secondo e terzo livello, e trade fantasiose. I Lakers, grazie anche al loro operato, erano diventati una franchigia poco affascinante anche per i free agent di livello, perché non sembrava esserci un progetto di crescita, per diventare vincenti. Poi nel 2017 qualcosa cambia a livello dirigenziale. Jeanie Buss, stanca dei continui fallimenti della gestione del fratello, lo costringe a fare un passo indietro, e con lui licenzia anche Mitch Kupchack. Ai vertici della franchigia salgono Magic Johnson e Rob Pelinka, ed il resto è storia recente.

E’ lei che si muove personalmente per convincere LeBron James a scegliere i Lakers. Ed è stata brava anche a gestire l’affaire Magic Johnson, con tutto quello che ne è conseguito. E adesso è diventata la prima governor donna a vincere un titolo NBA.

Perché come sempre le vittorie non nascono per caso.

Certo a Los Angeles non sono molto abituati ad attendere crescite varie. E per tradizione cercano sempre di prendere il giocatore più forte o più rappresentativo del momento, sempre che non se lo trovino servito in casa. E’ stato così per Wilt Chamberlain, messo vicino a Jerry West e Elgyn Baylor, per Kareem Abdul-Jabbar, a cui hanno messo vicino Magic Johnson e James Worthy, arrivati dal draft, per Shaquille O’Neal, con la scelta di Kobe Bryant, e l’aver preso nel three peat di inizio secolo Glen Rice, Ron Harper, Robert Horry, ed anche quando a Kobe è stato affiancato da Pau Gasol. Ed è per questo che si è fortemente cercato e voluto LeBron James.

Il progetto doveva essere leggermente differente, ma quando si è capito che lo “young core” non sarebbe stato in grado di diventare competitivo in tempi brevi si è deciso di cambiare rotta. E di cercare di costruire una squadra che fosse vincente subito. Certo la ricerca di Anthony Davis ha causato non pochi problemi per come è iniziata. Ed a pagare il prezzo di quanto accaduto è stato Luke Walton, che ha dimostrato di non saper gestire le personalità forti.

La scelta è caduta su Frank Vogel, fortunatamente, opinione personale, grazie ai rifiuti di Tyronn Lue e Monty Williams. Su Vogel scriverò un pezzo a parte. Per come ha allenato, perché lo ha fatto sempre silenziosamente, e perché, indubbiamente, ha convinto il #23 a modificarsi per diventare ancora più forte.

Come abbiamo detto, è arrivato Anthony Davis. E con lui l’orizzonte della Hollywood gialloviola è cambiato definitivamente. E la presenza del duo James-Davis, con Rondo invece pure, ha fatto sì che tanti piccoli pezzi utili abbiano voluto far parte dell’ingranaggio Lakers. Il roster è stato costruito pezzo su pezzo per cercare di vincere subito. Prendendo giocatori già rodati a questo livello, Danny Green e Avery Bradley, assente ad Orlando,  chi era in cerca di redenzione, specie a Los Angeles, vero Dwight?, altri che fossero pronti a dare tanto in pochi minuti, Markieff Morris, J.R. Smith. Sono rimasti quelli che avevano indubbiamente convinto il Re, Alex Caruso, che poi ha convinto tutti noi, non che ce ne fosse bisogno, JaVale McGee, Kentavious Caldwell-Pope, che serie finale splendida che ha giocato, e Kyle Kuzma, l’unico a corrente troppo alternata.

E adesso che fare?

Finiti i festeggiamenti, finita la parata, veramente mai iniziata, si deve già pensare alla prossima stagione, indipendentemente da quando inizierà e da come si svolgerà. Perché il back to back è di casa ai Lakers. Chiaro che tutto ripartirà da LeBron James, che ha deciso di mentire sulla sua data di nascita a tutti. Poi non si prescinde dalla riconferma di Anthony Davis, e tutto sembra indicare che si tratta di un proforma. Alla voce contratti in essere per la prossima stagione troviamo Alex Caruso, ed anche per lui si potrebbe parlare di rinnovo, Quinn Cook e Danny Green, giocatore voluto e stimato da quello di Akron.

Poi Kyle Kuzma e Talen Horton-Tucker, piaciuto a tanti nelle brevi ma positive apparizioni contro i Rockets. Rajon Rondo e Kentavious Caldwell-Pope potranno avvalersi della player option, oppure rinunciare e firmare un contratto ex novo. Sarebbe stupido non confermarli, specie Rondo, giocatore fondamentale se si vuole vincere. Anche JaVale McGee è nelle stesse condizioni dei due sopra citati, giocatore che in regular season il suo può ancora dirlo. Così come Avery Bradley, assente nella “bolla” per motivi personali, ma a cui personalmente un posto in questo roster lo darei.

Dopo di che bisognerà muoversi tra i free agent e, se possibile, nelle trade. Serve un terzo violino, perché Kuzma ha dimostrato di non poterlo essere a questo livello. E il #0 potrebbe essere interessante merce di scambio.
Si è parlato di Bradley Beal, ma sinceramente mi sfugge come si possa imbastire un trade con i Wizards per arrivare a lui. Più probabile, appunto, che si cerchi qualche free agent d’esperienza, e uno che è cresciuto non lontano da dove vi scrivo potrebbe anche essere di grande aiuto, ma è un’ ipotesi ipotetica, e poi citerei Noaro da Vicenza. Poi servirebbero anche un lungo intimidatore e rimbalzista, ah già tipo Dwight Howard, e un paio di tiratori con mano più affidabile.

Insomma sarà una off season interessante, perché il fascino Lakers è tornato di moda, e andare a Los Angeles, adesso, ha una doppia valenza.   


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