NBA Restart 2019/20: Western Conference

Oggi ci occupiamo della Western Conference, con tredici squadre presenti ad Orlando, dove tutto è meno scontato di come sembra.

Scritto da Doc. Abbati  | 

Basketball-Evolution

Oggi ci occupiamo della Western Conference, con tredici squadre presenti ad Orlando, dove tutto è meno scontato di come sembra.

Come spesso è successo nella storia medio recente della NBA, la Western Conference presenta un maggior numero di squadre in lotta per un posto nella post season. E quest’anno si può valutare anche numericamente la differenza con la Eastern Conference (CLICCA QUI per leggere l'analisi dell'East). In Florida arrivano tredici franchigie che possono giocarsi la posizione #8.
In realtà la situazione è abbastanza chiara. Anche qui prime sei sicure, la settima, i Mavs, con più di un piede ai playoffs, e, numeri alla mano, sei squadre in lotta per l’ultima piazza utile per la post season, anche se una/due, Suns e Spurs, sembrerebbero avere molte meno chance delle altre.

A differenza della Eastern nella Western ci sono concrete possibilità di veder giocare il play in tournament tra l’ottava e la nona in classifica, novità che renderà ancora più interessante questo strano finale di stagione regolare. Ma vediamo da dove ripartiamo e gli scenari che si potrebbero delineare.

 WESTERN CONFERENCE

1) Los Angeles Lakers (49-14): Gli avevamo lasciati al #1, al termine di un bel periodo, dove tutti stavano iniziando a ritagliarsi spazi importanti nel roster. Certo i Lakers sembravano sempre con la scritta work in progress sulla maglia, ma avere LeBron James ed Anthony Davis in quelle condizioni tecniche e fisiche aiutava parecchio. Adesso si riparte anche se non esattamente da zero. Certo le assenze di Rajon Rondo e di Avery Bradley si potrebbero far sentire, specie nella fase difensive per il secondo. Si è corso ai ripari prendendo JR Smith e promuovendo Dion Waiters, comunque due incognite elevate malgrado il talento. Diciamo che la posizione #1 non è a rischio, e già dalla reopening night potrebbe essere messa al sicuro. Coach Vogel aspetta con trepidazione il terzo violino, vero Kyle?, e crede nella crescita dei vari Dwight Howard, Kentavious Caldwell-Pope e Alex Caruso.

2) Los Angeles Clippers (44-20): Anche i Clippers venivano da un periodo discreto, dove gli alti parevano aver preso il sopravvento sulle pause, alcune anche brutte da vedersi, che fanno parte di una stagione regolare così lunga come quella NBA. Sembravano comunque più avanti dei cugini giallo viola nella ricerca dell’equilibrio necessario per essere vincenti, e quando hai nel roster Kawhi Leonard e Paul George parti già abbastanza avvantaggiato. Adesso però sembra essere cambiato molto per i ragazzi di coach Rivers. L’arrivo ad Orlando è stato quanto meno difficoltoso, vedi episodio Lou Williams e problemi personali di Montrezl Harrell, non esattamente due che non contano nelle rotazioni, tanto da far pensare che i Clippers dovranno giocare più a difendere il secondo posto che a dare la caccia al primo.

3) Denver Nuggets (43-22): Squadra che prima del blocco aveva impressionato per com’era riuscita a rimanere al vertice della Conference senza necessariamente esprimere tutto il suo vero potenziale, specie in alcuni giocatori, anche per qualche problema di natura fisica. Coach Malone è riuscito ad allungare le rotazioni, ed ha continuato nell’opera di far sentire tutti importanti dentro al roster. Adesso il traguardo è migliorarsi, calcolando anche che tra tutte le squadre arrivate ad Orlando i Nuggets sembrano una di quelle messe meglio. Nikola Jokic è in una forma fisica notevole, Jamal Murray e Gary Harris sembrerebbe che abbiano superato i piccoli problemi fisici dell’inverno scorso, così come Paul Millsap. Ed attenzione a Michael Porter Jr. e, incredibile, a Bol Bol, cresciuto tantissimo nella forzata off season.

4) Utah Jazz (41-23): Verrebbe da dire i “soliti” e solidi Utah Jazz del periodo Regular Season, almeno fino a Marzo. Come sempre coach Snyder è riuscito ad ottenere da tutti più di quello che ci si aspettava. Perchè il quarto posto di questi Jazz è sorprendente, rispetto ad altre franchigie con pronostici più favorevoli del loro. Oltretutto era iniziata anche l’operazione recupero di Mike Conley, l’unico che stava rendendo meno di quanto previsto. Poi a Utah nella vicenda covid 19 hanno fatto le cose in grande, vedi Rudy Gobert ed i microfoni della conferenza stampa. Chiaro che le voci su problemi tra il francese e Donovan Mitchell, e non solo, hanno tenuto banco per molto tempo. Adesso tutto pare rientrato, bisognerà vedere cosa dirà il campo. Di certo i Jazz hanno le potenzialità per restare nelle prime quattro, magari sperando in qualche difficoltà di chi li precede per migliorare la posizione.

5) Oklahoma City Thunder (40-24): La grande sorpresa della stagione NBA. Partiti come squadra destinata a tankare, ad essere smembrata per rifondarsi inesorabilmente, questi ragazzi, sotto la guida attenta e determinata di un bravo coach come Billy Donovan, hanno giocato fino al lockdown una regular season eccezionale. Giocando tutti da squadra vera, con un obbiettivo comune, stupire e vincere quante più partite. Determinanti i veterani, Chris Paul, Steven Adams e, da vero leader oscuro, anche Danilo Gallinari, così come i giovani presenti, Shai Gilgeous- Alexander, Dennis Schroder e Darius Bazley. Adesso, con il recupero di Andre Roberson, e il nulla da perdere come parola d’ordine, oltre alla certezza dei playoff, questi Thunder non possono che proseguire sulla strada tracciata.

6) Houston Rockets (40-24): Solita squadra, tra le più enigmatiche e indecifrabili della lega, e non solo per come li fa giocare coach D’Antoni. Nella prima parte di stagione alti e bassi che nemmeno a Disneyworld, che hanno portato alla trade che ridefinito il roster e dato vita ad uno small ball (quasi) mai visto. Consegnando ulteriormente le chiavi cestistiche della città a James Harden, e secondariamente ad un Russell Westbrook che sembrava finalmente essere entrato in sintonia con l’ambiente. Adesso bisognerà capire come riprenderà il circo Rockets, che comunque ha sempre necessità di qualche partita per ritrovarsi, solo che ad Orlando tempo ce ne sarà pochissimo e partire dietro nei playoff potrebbe essere sconsigliabile.

7) Dallas Mavericks (40-27): Squadra che aveva impressionato tutti nella primissima parte di stagione, con un Luka Doncic versione MVP, ed in tanti a portare il mattoncino per costruire una franchigia vincente, da Kristap Porzingis, anche se non nel massimo delle sue potenzialità, a Dwight Powell, a Tim Hardaway Jr., passando per Delon Wright e Seth Curry. Poi un calo, anche in concomitanza con i problemi fisici del ragazzo sloveno, a cui coach Carlisle ha fatto fatica a trovare risposte valide. Ma comunque l’idea che manchi poco, continuità? Un lettone al 100% di voglia?, per diventare una reale contender. Adesso si riparte con qualche certezza fisica in più nel duo europeo, ma senza Powell e Jalen Brunson, oltre a Courtney Lee, tre giocatori importanti nelle rotazioni. Raggungere i playoff non dovrebbe essere un problema, e se Luka continuasse su certi livelli…

8) Memphis Grizzlies (32-33): Altra squadra che ha sorpreso da ottobre a marzo. Altra squadra data lontana dalle prime otto posizioni, e che invece ha dimostrato di poter lottare fino alla fine per un posto nella post season. Merito sicuramente dei giovani a roster, Ja Morant, su tutti, ma anche del lavoro fatto da coach Jenkins nel rendere questo roster così competitivo, dove tutti si sentono importanti. La prima parte di stagione di Jonas Valanciunas, Dillon Brooks e Brandon Clarke è stata strepitosa. E così si è potuto aspettare un Jaren Jackson Jr. non sui livelli dello scorso anno. Adesso ci si aspetta un breve conferma, dove anche per loro il non dover dimostrare nulla sarà un ulteriore incentivo.

9) Portland Trail Blazers (29-37): Una delle delusioni della regular season fino al blocco. Troppi pochi alti, troppi bassi, in un roster che ha comunque avuto tanti infortuni, e che ha fatto fatica a giocare il basket voluto da coach Stotts. Certo i lampi di Damien Lillard non sono mancati, e questo faceva sperare in tempi migliori per la franchiga dell’Oregon. Anche perché pure CJ McCollum stava iniziando a ritrovarsi. Adesso sono una delle squadre più attese alla ripartenza. Hanno recuperato molti degli infortunati, soprattutto Jusuf Nurkic, hanno un roster estremamente fisico, Carmelo Anthony dovrà necessariamente tornare a giocare da SF, ma in tanti credono nella redenzione estiva di questi Blazers.

10) New Orleans Pelicans (28-36): La prima parte della stagione è stata per come ce la si poteva aspettare dal roster di coach Gentry. Giovani, nuovi, senza uno dei giocatori importanti, hanno faticato, dimostrando, però, di poter essere competitivi, una volta tornati al completo anche grazie ai miglioramenti di un Brandon Ingram davvero notevole. E infatti con il rientro di Zion Williamson, la stagione è diventata da contender almeno per la lotta per l’ottavo posto. Con la ripartenza, ed il roster praticamente al completo, i playoff non sono una chimera lontana, anche perché i Jrue Holiday, Derick Favors e J.J. Redick sanno come si gioca per l’obbiettivo. E la profondità della panchina potrebbe fare la differenza, vedi E’Tuan Moore, Josh Hart e Nicolò Melli. Sarà un interessante finale di stagione.

11) Sacramento Kings (28-36): I Sacramento Kings da Ottobre a Marzo hanno fatto i…..Sacramento Kings. Come ogni anno dall’inizio del secolo, in pratica. Certo quanto meno è sembrato che coach Walton stesse finalmente lavorando per creare qualcosa, con un roster giovane, più qualche veterano, motivato, con giocatori che hanno voglia di emergere, da De’Aron Fox, a Bogdan Bogdanovic, a Buddy Hield, capace anche di calarsi nel ruolo di sesto uomo di lusso, con Harrison Barnes decisamente positivo, ed un nucleo di lunghi giovane e fisico. Poi una trade che ha allungato le rotazioni. I Kings hanno dato l’idea di aver trovato la strada giusta da percorrere. Certo la forzata off season non è stata pregna di buone notizie, dal covid che ha colpito Barnes e Alex Len, fino all’infortunio che ha chiuso la stagione di Marvin Bagley III. Ma questi ragazzi potrebbero finalmente riuscire a dimostrare qualcosa al mondo NBA, e l’ottavo/nono posto è ampiamente a portata.

12) San Antonio Spurs (27-36): La lunga striscia positiva di partecipazione ai playoff sembra essere vicino al terminare. Questo il responso della prima parte di stagione regolare. Poche notizie positive, l’idea che anche coach Popovich avesse tirato i remi in barca per pensare al futuro. L’idea LaMarcus Aldridge leader ormai definitivamente abortita. Tante troppe delusioni. Ci si aspettava di più da Dejounte Murray e DeMar DeRozan ha giocato come sempre, bene, per carità, ma senza risultare un trascinatore. Le buone notizie solo da Derrick White, diciamo troppo poco. Anche se la matematica ancora non condanna i neroargento texani, non ci sembra che questa ripartenza possa far vedere una luce in fondo al tunnel. Poi, però, chi da per morti gli Spurs si prende dei rischi.

13) Phoenix Suns (26-39): Stagione giocata fino al lockdown nelle loro aspettative. Squadra in parte giovane ed in parte nuova, necessitava di una stagione di transizione, cosa di cui coach Williams era conscio. Giocata comunque anche abbastanza bene. Devin Booker è cresciuto tanto, diventando uno dei migliori attaccanti della lega, Ricky Rubio si è dimostrato un leader ed un veterano a 360°, DeAndre Ayton dopo l’inizio burrascoso è tornato motivato, Kelly Oubre ha messo in mostra dal lato giusto della luna il suo talento, peccato per l'infortunio che ne ha chiuso la stagione. Certo anche loro sono qui solo perché la matematica non li condanna, almeno nell’ipotesi del nono posto e del play in tournament. Ma se sono arrivati fino a qui per che non continuare a crederci?

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