James-Jordan, il punto di vista di Rich Paul e non solo

L'agente della stella dei Lakers ha parlato al podcast di Arenas senza peli sulla lingua in merito al dibattito con Jordan ed lo status di G.O.A.T

Scritto da FMB  | 

L'agente della stella dei Lakers ha parlato al podcast di Arenas senza peli sulla lingua in merito al dibattito con Jordan ed lo status di G.O.A.T

Da diversi anni a questa parte Rich Paul e la sua agenzia, Klutch Sports Group, stanno dominando la scena del panorama NBA. Ogni anno molti giocatori si uniscono alla scuderia dell'amico di LeBron James rendendolo di fatto l'agente più potente in circolazione. 

Recentemente Paul è stato ospite del podcast di Gilbert Arenas, Gils Arena Show, dove non ha potuto sottrarsi alla fatidica domanda ovvero su chi sia il più grande giocatore di tutti i tempi.

l dibattito che vede spesso coinvolti Michael Jordan e LeBron James prende sempre pieghe deleterie con i punti di vista e Paul ne ha voluto dare uno differente ed interessante andando ad analizzare un aspetto esterno al campo: "Mike ha trasceso il gioco. Quando è arrivato Kobe, Kobe era la sagoma di Mike. Questo è tutto, il che è fantastico. Ma LeBron è il primo giocatore a dover affrontare un ciclo di notizie di sport e opinioni 24 ore su 24/7 365 giorni all'anno e nemmeno in grado o con le competenze necessarie per dare un parere valido - aggiunge - Sappiamo tutti che non va bene, vero? E quindi, c'è questo ambiente in questa società sportiva che è stato creato e quindi ora devi fare il tifo contro. Questa è tutta un'altra cosa con cui Mike non ha mai dovuto occuparsi perché il suo momento più difficile il critico era probabilmente Peter Vecsey".

Paul aggiunge un altro dettaglio: “Penso solo che le corna (riferito alla parola GOAT che significa capra) di LeBron siano in platino e quelle di Michael Jordan potrebbero essere in oro. Perché? Perché doveva essere paragonato a Mike. A chi doveva essere paragonato Mike?

Paul e la narrativa Heat

L'agente di James si è voluto togliere anche un sassolino dalla scarpa in merito alla narrativa che LeBron avesse bisogno dei Miami Heat: “La narrazione di cosa? Che è andato a Miami e loro lo hanno 'fatto diventare il giocatore che è' ? Ora, ciò che ha aiutato è stata l’infrastruttura, la coerenza, la professionalità – che LeBron ha sempre avuto – su questo non c’è dubbio. Ma sto dicendo che nel complesso, dal punto di vista culturale. Per creare questa narrazione che lui aveva bisogno di loro...No, è un bisogno condiviso. Perché se non ci vado, di cosa stiamo parlando?”.

Paul e l'anello nella bolla

Il titolo vinto dai Los Angeles Lakers nella bolla di Orlando viene sempre etichettato come “da asterisco", concetto che Paul non gradisce tirando in mezzo anche un'altra stella NBA: “Se il titolo nella bolla lo avesse vinto Steph Curry con i Warriors? Credete che lo avrebbero disprezzato così? Non credo.”

Paul e come è cambiato il business in NBA

Tra le domanda più interessante durante il podcast quelle sul come si è evoluto il business negli ultimi anni nella Lega, Paul ha risposto con la sua esperienza personale, raccontando le sue difficoltà che aveva ma che comunque la passione per il gioco non lo faceva mollare. Invece ritiene che il business stia raggiungendo un punto in cui gli agenti spesso non riescono a entrare in empatia con i propri clienti e si concentrano solo sul gioco dei numeri. Qualcosa che ovviamente non è a favore dell'atleta: "Ero fuori dal libro paga di LeBron nel 2006. È arrivato nella Lega nel 2003, ciò significa due anni di libro paga. Guadagno $48.000 all'anno. Ho giocato a Bourree con te Gilbert con $ 48.000 davanti a me. Quindi se stai mettendo insieme due più due, non è mai stato per quel fratello! E quindi quando guardo la situazione oggi e la direzione in cui stanno andando i nostri affari, è dura per l’atleta”.


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