LBA Best Moment 2022: la rivincita dell'Olimpia Milano

Nella stagione che le vedrà più volte contro, torniamo sulla finale tra Virtus e Olimpia, tra rivincite e polemiche.

Scritto da Riccardo Corsolini  | 

Nella stagione che le vedrà più volte contro, torniamo sulla finale tra Virtus e Olimpia, tra rivincite e polemiche.

LBA BEST MOMENT 2022

Santo Stefano è giornata di Legabasket. Niente gare rimandate, niente calcoli percentuali o spalti vuoti. Virtus già qualificata per le Final Eight di Torino a 4 giornate dalla fine del girone d’andata, con la griglia delle 8 ancora tutta da decidere. Le prime due in classifica se la vedono con le sorprese del campionato, Varese e Pesaro. Gli ingredienti a spicchi per digerire meglio gli avanzi ci sono tutti. 

Nel viaggio di Basketball-Evolution tra i migliori momenti dell’anno che sta volgendo a termine, il focus non può che andare sul termine dello scorso campionato di LBA. In quello che forse sarà il culmine anche della stagione 22/23 e chissà per quante altre future, la sfida tra Virtus e Milano di fine stagione scorsa, è quella che ha (guardando solo al campionato) messo in pari la sfida sull’1-1. Tante analogie con la stagione precedente. Il 4-0 senza troppe contese della Virtus nel 2021 era arrivato dopo le Final Four centrate da Milano e la Virtus che si era fermata alle semifinali Eurocup contro Kazan.

Parti invertite quest’anno, ma con risultato simile. L’Olimpia esce ai playoff contro l’Efes, mentre la Virtus centra l’obiettivo Eurolega, con una grande cavalcata nell’altra coppa europea ECA. Risultato che anche qui premia la delusa delle 2, con il 4-2 della squadra di Messina, in una serie forse più combattuta, ma dove i ragazzi di Scariolo risultano in deficit di energia, perdendo subito il fattore campo alla prima gara delle sei finali.

LA VIGILIA

Risolleverà le sorti del campionato e rilancerà il basket italiano in Europa”. La frase più sentita dalla rinascita dell’eterna e storica sfida del basket italiano. Sicuramente vedere sulle due panchine il gotha del basket che l’Italia abbia mai offerto negli ultimi decenni, non solo dentro lo stivale, ma in Europa e nel mondo, con Scariolo e Messina, ha elevato il prestigio della sfida al suo massimo. Sicuramente vedere Belinelli e Hackett, Melli e Datome, Teodosic contro Rodriguez, ha innalzato le aspettative sullo spettacolo in campo. Sicuramente la finale della stagione 21/22 ha regalato tante pagine alle riviste e siti di gossip baskettaro, forse più di quante ne abbia regalate il gioco sul parquet. Quello che si è visto fin qui e che il 2 gennaio aggiungerà un altro episodio alla serie, forse e dico forse, ha messo in discussione quella frase che doveva prevedere un gioco di squadra, non spaccature e crepe sul movimento.

Venendo al campo, rimane ancora il formato della serie al meglio delle 7, che può garantire sì un incasso in più alle società (nel 2021 non fu così), ma in uno scenario generale di calendari fitti di partite, non giova ai giocatori, che sono il primo produttore dello spettacolo sul parquet. Solo Segafredo in campo nella finale del 2021. Solo Armani, con una resistenza troppo poco convinta per essere convincente dei campioni in carica, nella stagione scorsa. 

Prime due gare quindi a Bologna, che si conquista il fattore campo con una stagione regolare di sole 4 sconfitte, tutte in trasferta a Milano, Napoli, Sassari e Tortona. Percorso netto (3-0) sia ai quarti che in semifinale (come nell’edizione precedente) per entrambe le squadre. Una arriva delusa dalla sconfitta ai playoff Eurolega in 4 gare contro l’Efes, l’altra tronfia e trionfante dal successo in Eurocup, quindi passaggio con accesso diretto dalla competizione azzurra a quella arancione.

LA SERIE

Gara 1 si porta già dietro le polemiche extra campo riguardo la designazione arbitrale, con Boris Ryzhyk presente nella terna. L’apertura della contesa è quindi fatta di fisicità, tensioni tra i giocatori, ma più ferri che canestri, quindi punteggio basso, specialmente nella prima metà. Ci si mettono di mezzo anche gli infortuni di Teodosic e Shengelia, che però sembrano più gravi del previsto, tanto che i due rientrano poi in gioco. Al rientro dall’intervallo però mette la freccia Milano, con un parziale da 15-2. Bologna tenta la rimonta, che però si stoppa sui ferri ai liberi di Hackett nel finale. Fattore campo ribaltato subito e Virtus che perde in casa dopo 19 vittorie consecutive. In Gara 2 la Segafredo si affida al suo miglior giocatore, perché Shengelia pareggia la serie, nonostante i problemi all’avambraccio (coperto da tutore).

Dopo Shields alla prima e il lungo georgiano alla seconda, il terzo capitolo della sfida trova un altro protagonista, nella gara forse più spettacolare, tanto da essere quella con il punteggio più alto. La Virtus vuole riportare a sé il fattore campo, mentre l’Olimpia mantenerlo e nella partita forse fondamentale sul conto finale, Nicolò Melli sale in cattedra, con una prova da 9, mentre il protagonista che non ti aspetti della serata è invece quel Jerian Grant tanto beccato per il suo rendimento da tifosi e addetti ai lavori, sin dal suo arrivo a Milano.

Le ultime 3 partite vivono più di polemiche extra campo per arbitri e altre faccende note e arci note, che spostano l’attenzione dal campo, dove dopo il 55 pari di gara 4 al terzo quarto, la serie sembra chiudersi, con il 3-1 Armani, la strenua resistenza Virtus a Bologna (3-2) e la passerella finale al Forum, con la serie che si chiude al sesto episodio.   

L'EPILOGO

Per gli osservatori più banali c’è stata quindi la rivincita dell’Olimpia sulla Virtus. Per quelli che riducono a poche persone la sfida di due squadre e, senza retoriche, di due popoli, ognuno fiero della propria diversità, è stata un’altra rivincita: 32 anni dopo le sfide nella prima stagione per entrambi da capo allenatori, quando Ettore vinse la prima coppa europea per la Virtus e Sergio il secondo scudetto per Pesaro (stagione 1989/90), Messina ha riportato a Milano lo scudetto e Scariolo ha riportato la Virtus in Eurolega vincendo l’Eurocup.

È stata ovviamente anche altro la sfida tricolore, ad esempio il passo d’addio di Sergio Rodriguez, ma parlarne adesso, dopo l’estate degli Europei, della promozione di Pozzecco, dell’infortunio di Gallinari, dell’esplosione di Fontecchio che, adesso, sta mettendo le mani sull’Nba, dopo i primi Messi della nuova stagione, la finale scudetto merita di essere ricordata con e per un italiano, e nemmeno uno di quelli considerati top. L’impresa di Pippo Ricci, due scudetti in fila, è la fotografia del paradosso del basket italiano che corteggia e perdona stranieri che offendono il gioco non accettando che sia dedicato a squadre invece che a singoli, e poi all’improvviso ci sono gli italiani che vincono i titoli, sono gli italiani quelli che danno una identità ai gruppi. Verrebbe da adattare un detto storico: con gli stranieri si vincono le partite, con gli italiani si vincono i campionati. Pippo Ricci sa come si fa.


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