Atlanta Hawks anno zero. O forse anche meno uno, due. Perchè il buco in cui sono caduti sembra essere di quelli profondi, ed uscirne potrebbe costare del tempo, che comunque, visto il roster estremamente giovane, potrebbe essere a disposizione.
Travis Schlenk e tutto il management della franchigia della Georgia sembrerebbero, oltretutto, avere le idee chiare. Si punta a creare un gruppo che possa crescere insieme, che dovrà sopravvivere a stagioni e momenti difficili, ma che potrebbe anche, magari con qualche innesto futuro, tornare a rinverdire i fasti di Atlanta.


Si parte dal 24-58 che ha fatto precipitare la squadra dell’ex coach Budenholzer all’ultimo posto della Eastern Conference. Che è arrivato dopo dieci stagioni consecutive di playoffs, nove delle quali vincenti. Si è deciso di azzerare tutto, anche con scelte decisamente sorprendenti. Ma per poter pensare di ripartire, Schlenk ha pensato si dovesse farlo dallo zero assoluto, senza nessuna parentela con il passato. Per cui ecco che sulla panchina di Atlanta è arrivato
Lloyd Pierce, nome assolutamente sorprendente, ma che ha una logica.
Pierce ha lavorato come assistant coach per diverse franchigie NBA, Cavs, Grizzlies e Sixers, sempre con una precisa specializzazione, il dover occuparsi dei giovani, per farli crescere come giocatori e non solo, all’interno di questa lega, dove, a volte, l’aspetto meramente sportivo/cestistico non la fa da padrone. E’, di conseguenza, abbastanza chiaro cosa ha spinto la proprietà di Atlanta ad affidarsi a questo rookie, a livello di head coach. Quando hai un roster giovane, senza nessuna super star, o presunta tale, hai bisogno di un head coach che sappia parlare con i tuoi ragazzi. E così si spiega anche la scelta di prendere nella free agency
Vince Carter.
Il veteranissimo, uno dei due dinosauri che sopravvivono nella lega dalla fine degli anni 90, è alla sua ventunesima, e ultima, stagione. A 41 anni Vincecredible viene chiamato, forse per la prima volta in carriera, a far da chioccia ad un gruppo di pulcini, vista la differenza di età ed esperienza. Una sorta di fratellone da ascoltare ed imitare, per dedizione al gioco e serietà professionale. Anche perché il resto del roster a disposizione di coach Pierce è fatto di giocatori che devono riuscire ad emergere, tirando fuori il loro talento e riuscendo a farlo come squadra.
Ci si aspetta molto da
Taurean Prince, che, con molte probabilità, sarà il leader offensivo. Alla sua terza stagione in maglia Hawks sarà chiamato a prendersi più responsabilità di altri, ma nel recente passato ha dato l’idea di avere pochi problemi a farlo. Anche da
Kent Bazemore ci si aspetta un lavoro da semi veterano dentro a questo roster. Alla sua settima stagione nella lega deve riuscire a mettere da parte certi atteggiamenti non particolarmente simpatici su un parquet, e tornare a giocare la sua pallacanestro offensiva, e non solo. Alla voce veterano, è arrivato anche
Jeremy Lin. Reduce da un gravissimo infortunio che gli ha fatto perdere la scorsa stagione, potrebbe, se recuperato, comunque essere un giocatore di ruolo in grado di aiutare questo gruppo.
Poi c’è la, lunga, batteria di giovani. Iniziamo dalla scelta #5 dell’ultimo draft, quel
Trae Young, che tutti hanno già paragonato, per la supposta capacità di tiratore perimetrale, ad uno della baia con il #30. Entrare con questa pubblicità nella NBA non aiuta mai, ma Young ha sicuro talento e tanta voglia, l’importante è non strafare, specie nell’anno da rookie. Alla #19 è stato scelto
Kevin Huerter, SG tiratore, prodotto di Maryland, il classico bravo ragazzo che ha tiro da fuori ed energia da buttare sul campo. Sempre dal recente draft è arrivato
Omari Spellman, #30 ma che avrebbe meritato un posto più alto, da Villanova, PF atletico, con buona mano, che potrebbe diventare uno di quei giocatori capaci di fare sempre la cosa giusta in campo.
Tyler Dorsey, al secondo anno, dopo un stagione da rookie dove ha trovato spazio grazie alle sinergie negative, deve dimostrare di poter essere un giocatore da rotazione.
Così come i vari
DeAndrè Bembry,
Jaylen Adams e
Daniel Hamilton. Sono rimasti
DeWayne Dedmon, 7 piedi intimidatore, longilineo che si sta reinventando, ahinoi e ahilui, tiratore dall’arco, e
Miles Plumlee, il meno talentuoso dei fratelli ma un corpo da sprecare nel pitturato.
Alla voce arrivi vanno citati
Justin Anderson, dai Sixers, discreto attaccante, con un bel tiro dal perimetro, cattivo agonisticamente quando serve, e
Alex Len. Il centrone ucraino ha l’occasione di trovare tanti minuti magari da titolare, chissà che non sia nel posto giusto per dimostrare un valore che ha fatto vedere rarissime volte.
Due parole le spendiamo per
John Collins. Lo scorso anno, da rookie, ha fatto vedere cose più che positive. Tanti cm su un fisico atletico, un PF moderno, che attacca il canestro. Deve trovare continuità nel tiro da fuori e proseguire nel suo processo di crescita, perché ha le stimmate per diventare un giocatore fondamentale in questo progetto.
% Playoffs: 15%- Diciamo che non danno l’idea di poter competere nell’immediato futuro per un posto nelle elette, ci sarà tanto da lavorare e sarebbe già molto positivo se parte del lavoro di crescita iniziasse durante questa stagione.
Arrivederci a domani con i Dallas Mavericks
HARD-DRIVE
30)
Phoenix Suns
29)
Memphis Grizzlies
28) Atlanta Hawks
💬 Commenti