Thursday Doc: Robert Swift

Entrare giovani, forse troppo, nella NBA, non essere pronti fisicamente e con la testa, fallire, cadere e rialzarsi. Oggi ci occupiamo di Robert Swift.

Scritto da Doc. Abbati  | 

NBA-Evolution

Entrare giovani, forse troppo, nella NBA, non essere pronti fisicamente e con la testa, fallire, cadere e rialzarsi. Oggi ci occupiamo di Robert Swift.

Thursday Doc

Robert Swift

NBA Draft 2004. Un draft attraverso cui entrarono nella lega alcuni giocatori che hanno lasciato un’impronta tangibile della loro presenza. Tanto per citarne qualcuno dalla prima scelta Dwight Howard, passando per Andre Iguodala, Luol Deng, Shaun Livingston, J.R. Smith, Josh Smith e Trevor Ariza. Un draft con talenti inespressi per come si pensava, vedi ad esempio Emeka Okafor e Josh Childress, e con giocatori che grazie al lavoro si sono costruiti negli anni una solida carriera NBA, Jameer Nelson, Devin Harris e Al Jefferson.

Ed anche un draft in cui tante franchigie cercarono con chiamate immaginifiche tra usciti direttamente dalle High School e arrivi dall’Europa, di prendere ragazzi sulla carta futuribili, su cui poter lavorare per avere dei giocatori di buon livello.

Diciamo che per molti non è andata benissimo, anzi.

E tra questi per quel draft spicca decisamente il nome di Robert Swift.

Swift venne scelto dai Seattle Supersonics con la scelta #12 direttamente da Bakersfield High School. Centrone bianco di 216 cm per oltre 120 kg., californiano, rosso di capelli, veloce di piedi, dinamico e con una discreta mano. Queste le referenze con cui il ragazzo si presentò nella NBA. E i paragoni con giocatori illustri erano innumerevoli. Da Bill Walton, per via dei capelli e delle movenze sul parquet, a Shaquille O’Neal, per la stazza dominante specie nelle HighSchool. Qualcuno lo riteneva addirittura più forte, in prospettiva, delle scelte #1, Dwight Howard, e #2, Emeka Okafor.

E la sua storia di vita, seppur breve, essendo nato nel Dicembre del 1985, era già ricca di aneddoti, con annesso desiderio di emergere nel mondo professionistico. Perchè l’infanzia e adolescenza di Swift erano state davvero tragiche. Nato da una famiglia della media alta borghesia californiana di Bakersfield, il benessere era venuto meno velocemente, dopo che il padre, causa gravi danni fisici dovuti ad un incidente automobilistico, non aveva potuto lavorare per due anni, trascinando la famiglia sul lastrico, con due bancarotte nel 1999 e nel 2003.

E soprattutto la seconda aveva lasciato un segno nella vita del giovane Robert, soprattutto alla voce scelte cestistiche. Perchè la sua idea era quella, una volta finita la HS, di andare a giocare per University of Southern California, che lo aveva reclutato, ed a cui aveva dato la disponibilità. Ma le condizioni drammatiche in cui nel 2003 si trova la sua famiglia, dovute anche alla malattia tumorale che colpisce la madre che deve essere operata più volte in quegli anni, scesa sotto il livello di povertà, in cui si faticava ad avere i generi di prima necessità, alla voce cibo, giorno dopo giorno, gli fanno prendere una decisione diversa, quella di rendersi eleggibile al draft NBA.

Anche perché in tanti parlano bene di lui come prospetto. Per dire, Danny Ainge avrebbe voluto portarlo a Boston scegliendolo con la #15, ripiegherà, e a malincuore, parole sue, su Al Jefferson, a suo dire meno talentuoso. Per altrettanti però, tra cui l’head coach di Bakersfield High School, Swift non è ancora pronto per il piano superiore, deve crescere tanto, non solo tecnicamente ma, soprattutto, caratterialmente. Troppo abituato a dominare facilmente ad un livello cestistico dove la sua stazza è decisiva, nella NBA tutto cambia velocemente.

Ma i Sonics e l’allora head coach Nate McMillan hanno un progetto chiaro su di lui, in una squadra che sta crescendo bene dietro al leader Ray Allen. Solo che Allen non ha alcuna intenzione di aspettare che il ragazzo cresca, è di idee diverse sull’argomento. E lo dichiara pochi giorni dopo l’arrivo del rookie a Seattle. Dice, senza mezzi termini, che Swift è molto più che acerbo, e secondo lui ci vorranno più di due anni per l’ambizioso progetto dei Sonics. E le luci della ribalta si accendono sul lungo californiano come lui non vorrebbe. Perchè nello stato di Washington ha improvvisamente gli occhi di tutti puntati addosso.

La stagione da rookie è anche peggio di come uno possa aspettarsi. Pochissimi minuti giocati, sembra sempre spaesato, tutti sono più veloci, più reattivi e più attenti di lui. Ma comunque la voglia di allenarsi c’è, riesce ad essere un professionista in palestra, si impegna per migliorarsi. Al di fuori del parquet aiuta la famiglia in evidente difficoltà. Ha firmato un triennale da 4.400.000 $, compra una nuova casa ai suoi genitori, risana i vari debiti del padre.

La sua seconda stagione NBA è più positiva da un punto di vista personale, meno per le aspettative di squadra. Le sue statistiche crescono, e solo un infortunio al ginocchio sinistro dopo 47 partite ne rallenta la crescita. Durante la off season Bob Hill, head coach dei Sonics dall’inizio del 2006, dichiara che Swift sarà il centro titolare di Seattle per la stagione 2006/07. Ma quando le cose sembrano finalmente andare bene, il fisico del giovane lungo cede. In quella off season si rompe il legamento crociato del ginocchio destro e perde la stagione che doveva essere di consacrazione.

E quando piove a volte grandina. Perchè nel 2008 cede anche un menisco dopo solo otto gare giocate. Ed anche nella stagione 2008/09, con la franchigia trasferitasi ad Oklahoma City, la situazione cestistica non migliora. Continui infortuni alle ginocchia, una fama di injury prone, e di un giocatore svogliato, che si allena male, che sembra aver perso la passione per il basket giocato. Diventa padre, e nello stesso momento viene tagliato dai Thunder.

Nel 2010 firma un contratto con i Tokyo Apache, ma viene tagliato dopo pochi mesi.

Ritorna nello stato di Washington ed inizia a frequentare spacciatori e personaggi che vivono ai margini della società. Viene lasciato dalla fidanzata che chiede gli alimenti per il bimbo, ma ormai Swift ha iniziato una inesorabile caduta libera. Inizia a bere, usa cocaina in pratica quotidianamente, si allontana da famigliari e amici.

Nel 2011 viene arrestato e condannato per guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Non ha più soldi, vive di espedienti. Gli viene pignorata la casa, messa all’asta ma al momento di doverla abbandonare, nel 2013, si rifiuta. Deve intervenire la polizia, che lo arresta, ubriaco e sotto l’effetto di cocaina. Lo spettacolo che si trovano davanti gli agenti nella casa di Swift è terrificante. La casa è piena di feci, umane e animali, vengono trovate in varie zone della casa pistole anche cariche, proiettili, e fori di proiettili sui muri, centinaia di bottiglie di birra vuote e spazzatura ovunque. L’ex centro dei Sonics rifiuta il ricovero in un centro di riabilitazione. E la caduta continua. Nell’Ottobre 2014 durante una perquisizione della polizia nella casa di un noto spacciatore nella zona periferica di Seattle, Swift viene trovato in possesso di pistole e un fucile, in stato confusionale, sotto l’effetto di cocaina e metanfetamine. Rilasciato dopo quindici giorni a Novembre viene nuovamente fermato in possesso di un fucile a canna corta, detenuto illegalmente. L’8 Gennaio 2015 viene arrestato perché sta tentando di commettere una rapina a mano armata in una casa di Seattle. Ormai è completamente dipendente dalla droga, consumatore giornaliero di metanfetamine.

Ma qualcosa finalmente cambia nella sua vita. In carcere decide di entrare in un programma di disintossicazione dalle sostanze stupefacenti e dall’alcol grazie all’intervento di Chris Washburn, ex prima scelta di cui abbiamo parlato.

E dopo tre anni durissimi nel 2018, Robert Swift torna a giocare a Basket, nella quinta lega spagnola a Gijon, dove resta nel 2019 e nel 2020, contribuendo a far salire la squadra in terza serie. Arrivederci alla prossima puntata.


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